Il lattosio: cos'è e in quali cibi si trova
Si tratta di un disaccaride, ovvero di uno zucchero costituito da due unità di monosaccaridi legate tra loro, che in questo caso sono il glucosio ed il galattosio. Il lattosio è il principale carboidrato contenuto nel latte dei mammiferi (7g/100 ml nell’uomo e 4.6 g /100 ml nel bovino), ed arriva ad apportare il 30-40% del fabbisogno energetico di un neonato [1]. I formaggi stagionati, come il parmigiano e l’emmenthal, e i latticini fermentati, come lo yogurt, ne contengono basse quantità, e per questo motivo non causano di norma problemi ai soggetti intolleranti. Essendo uno zucchero di origine animale, non si ritrova nei vari tipi di latte vegetale, come quello di riso, di soia, di mandorla, che possono essere tranquillamente assunti anche da chi non è in grado di digerirlo bene.
La digestione e l'assorbimento del lattosio
Una volta introdotto nello stomaco, il lattosio raggiunge il lume intestinale, dove gli enterociti (le cellule dell’intestino) sono in grado di assorbirlo soltanto in seguito alla sua scomposizione in glucosio e galattosio da parte dell'enzima intastinale lattasi-florizina idrolasi (LPH), il cui gene è localizzato sul braccio lungo del cromosoma umano 21 (regione 2q21) [2]. Il suffisso florizina idrolasi deriva dal fatto che questo enzima possiede una subunità in grado di metabolizzare gli sfingolipidi.
In seguito all’assorbimento da parte dei trasportatori sodio-glucosio (SGLUT), localizzati sulla membrana apicale degli enterociti, il glucosio e il galattosio diffondono attraverso la membrana basolaterale, entrando nel flusso portale. Mentre il glucosio viene reso immediatamente disponibile agli altri tessuti come substrato energetico, il galattosio può svolgere molte altre funzioni, tra cui la produzione di mediatori di interazioni cellulari, il rafforzamento delle difese immunitarie, e lo sviluppo neurologico [3].
I sintomi intolleranza al lattosio: potrebbe anche essere solo maldigestione
Alcune correnti di pensiero demonizzano il consumo di latte dopo lo svezzamento, mentre altre ne enfatizzano le proprietà. C'è infatti chi sostiene che i mammiferi dovrebbero consumare il latte solamente nei primi mesi di vita, poiché nelle età successive non sono più in grado di metabolizzarlo, e perorano questa teoria osservando come l’unico mammifero che beve il latte dopo lo svezzamento sia l’uomo. Basandoci su questa assunzione, possiamo però controbattere rammentando che l’unico mammifero che usa il fuoco, il riscaldamento, le automobili, e tutti gli altri beni che possediamo è sempre l’uomo, ragion per cui bisogna impegnarsi un po’ di più per giustificare la convinzione che il latte faccia male.
L’alterazione del metabolismo del lattosio può essere dovuta a quattro fattori:
Nel più grave dei casi alcune rare mutazioni genetiche recessive, più frequenti in Finlandia, portano al non-funzionamento della lattasi. In questo caso i problemi insorgono già in fase di allattamento [4, 5].
La mancata maturazione della lattasi nei neonati [6].
La presenza di danni intestinali (celiachia, infezioni virali, giardia, patogeni, farmaci) che alterano l’assorbimento del lattosio [7].
La forma più comune di maldigestione del lattosio è dovuta ad una diminuzione della produzione della lattasi, la cui trascrizione viene inibita dopo l’età infantile [8]. In circa 2/3 della popolazione umana accade che con l’avanzare dell’età gli enterociti producono meno lattasi (10% circa dei livelli neonatali) [9]. L’incidenza è più alta nei paesi asiatici ed africani, nel Medio Oriente e nel sud Europa. Un esempio di polimorfismi di singolo nucleotide (SNP) è quello del gene MCM6, che controlla il gene LPH. Tali polimorfismi sono responsabili della persistenza dell’espressione della lattasi nella popolazione europea [10, 11]. L’espressione di tale enzima è anche influenzata da fattori epigenetici, tra cui la metilazione del DNA [12].
L’alterazione del metabolismo del lattosio ne impedisce l'assorbimento intestinale, rendendolo facilmente fermentabile da parte di alcuni batteri facenti parte del microbiota del colon. Il risultato è la produzione di gas intestinali come CO2 e H2, che causano gonfiore intestinale e flatulenza, sintomi frequentemente lamentati dai soggetti intolleranti al lattosio. Inoltre, poiché il lattosio modifica l’osmolarità cellulare, vi può essere uno spostamento di acqua nel lume intestinale, con conseguente induzione di crampi addominali e diarrea, ed in alcuni casi anche di nausea e vomito. I sintomi variano da persona a persona, a seconda del livello di compromissione dell’espressione della lattasi.
L’intolleranza al lattosio viene spesso confusa con la sua maldigestione. In realtà la prima si può manifestare anche in assenza di maldigestione, e si diagnostica attraverso la presenza di crampi addominali, meteorismo, flatulenza, diarrea, nausea e vomito dopo l’ingestione di grandi quantità di lattosio [13]. Infatti molte persone, pur non digerendo bene il lattosio, non presentano i sintomi dell’intolleranza. Ciò è dovuto anche ad alcune differenze nella composizione della flora batterica intestinale, che in alcuni individui contribuisce a convertire il lattosio non assorbito in gas quali idrogeno o metano, mentre in altri lo trasforma in acidi grassi a corta catena (batteri lattacidi). Inoltre, i metaboliti dei batteri lattacidi causano un abbassamento del pH intestinale, sfavorendo in questo modo lo sviluppo di alcuni ceppi idrogeno-produttori (come E. coli e Clostridia), e quindi la probabilità di sviluppare sintomi legati all’intolleranza [14]. Anche il ritardo dello svuotamento gastrico è in grado di alleviare i sintomi di intolleranza, ed il consumo di lattosio durante un pasto abbondante può limitarne gli effetti negativi [15].
Cosa fare se hai un’intolleranza al lattosio
La diagnosi di intolleranza al lattosio si effettua attraverso un comune breath-test (test del respiro), in cui viene somministrata al paziente una soluzione contenente 20-50 g di lattosio, e vengono registrati i livelli di idrogeno/metano emessi per via orale (l’idrogeno viene infatti riassorbito dal colon e trasportato ai polmoni nel flusso sanguigno)[16]. Questo tipo di test risulta molto utile per escludere altre disfunzioni o patologie che si manifestarsi con sintomi simili a quelli dell'intolleranza al lattosio, tra cui la sindrome dell’intestino irritabile (IBS), la celiachia e l’intolleranza verso altre componenti del latte, come grassi o proteine (come la caseina-alfa1).
Generalmente il soggetto intollerante può assumere circa 12 g di lattosio (un bicchiere di latte) senza particolari disturbi. I formaggi stagionati, gli yogurt e il kefir possono essere solitamente consumati dagli intolleranti, poiché il lattosio che contenevano è già stato metabolizzato dai microorganismi che partecipano alla maturazione del prodotto. Gli yogurt e il kefir sono inoltre una buonissima fonte di probiotici, che apportano molti effetti benefici al microbiota intestinale [17]. Alcune ricerche hanno dimostrato che l’assunzione di probiotici codificanti per la B-galattosidasi e dotati di metabolismo lattacido, come lattobacilli, bifidobatteri, L. bulgaricus e S. termophiles, migliorano la tolleranza al lattosio [18], motivo per cui è bene introdurre nella nostra dieta una certa quantità di alimenti fermentati.
Fino a pochi anni fa la terapia alimentare per l’intollerante al lattosio era solamente quella di ricorrere alla limitazione od eliminazione di latticini e prodotti caseari. Successivamente vennero commercializzate alcune pastiglie contenenti lattasi e/o b-galattosidasi, che hanno il ruolo di scindere il lattosio nel tratto digerente. Oggi, in seguito alla maggior frequenza di questa intolleranza, è sempre più facile reperire prodotti delattosati in modo artificiale, che consentono di limitare la privazione di alcuni alimenti nei soggetti intolleranti al lattosio. Questo è un gran vantaggio, poiché fornisce loro la possibilità di seguire una dieta più varia e più ricca di micronutrienti come calcio e vitamina D, vitamina B12, magnesio, potassio, zinco, fosforo, e di proteine di alta qualità, che abbondano appunto nel latte. Alternativamente si può ricorrere a bevande di origine vegetale, come il latte di riso, di soya, di mandorla, di cocco, che vengono spesso fortificati con varie vitamine e calcio.
Il consumo di lattosio in concomitanza con i pasti, specialmente con grassi, diminuisce la velocità di svuotamento gastrico, e quindi velocità di assorbimento del lattosio, aumentandone la tolleranza. Al contrario, l’associazione con caffè o cibi piccanti ne aumenta l’assorbimento [19].
Infine, alcune condizioni fisiologiche (come la gravidanza)[20] ed altre patologiche (come il diabete e le disfunzioni tiroidee)[21] possono provocare l'alterazione dell’assorbimento del lattosio.
Non sono comunque rari in casi di persone la cui intolleranza si attenua o scompare nel tempo. Questo è dovuto alla riattivazione dell’espressione dell’enzima lattasi, che restituisce al nostro organismo la capacità di metabolizzare il lattosio.
Comments